Un figlio di 20 anni e una figlia
di 25; lui innamoratissimo, vive una
storia con una coetanea e spesso si dimentica di tornare a casa; come un gatto
randagio si presenta ogni tanto alla ricerca di abiti puliti e stirati e di
qualche euro; Maria, la più grande, è sempre all’università o a teatro ad
aiutare per l’ambientazione di qualche recita; ha un aspetto anoressico, si dimentica di mangiare e di
dormire e torna a tarda notte per rifocillarsi e recuperare un po’ di riposo.
Camelia, la loro madre, sente un
gran peso sulle sue spalle da quando è rimasta vedova; vorrebbe imporre delle
regole ma entrambi sono lontani anni luce, non riesce più ad essere presa in
considerazione.
Sono quasi tre anni che la
conosco; ogni tanto le dò un passaggio quando ci rechiamo al gruppo di burraco; lei abita a pochi km
da casa mia, la accompagno volentieri, sono di strada.
Col passare del tempo siamo diventati
buoni amici; le ho raccontato dei miei problemi con quella pazza di Paola, ancora
penso a lei; ne abbiamo riso un po’ insieme, mi ha ascoltato quando ero
depresso, ha provato a darmi dei buoni consigli su come la pensano le donne,
sulle verità da non dire, sulle attenzioni e sulle premure da riservare ad una
compagna.
Soffre frequentemente di
emicrania ma non prende farmaci per alleviare i sintomi, resiste per giorni
fino a quando il dolore scompare, rinunciando a una vita sociale soddisfacente;
le capita spesso di disdire appuntamenti all’ultimo momento perché pensa di
non farcela a uscire di casa nelle condizioni in cui si trova.
Col suo aspetto magro e un po’ trasandato
sembra uscire da un film del ‘68, non
cerca di valorizzarsi con un trucco delicato
o con abiti che la renderebbero un tipo interessante, quasi intellettuale; guida
una automobile “scarrufata” color verde ramarro, i freni fanno fischi e gemiti, il
motore zoppica e sembra starnutire ogni tanto, i fari si accendono quando non
piove e sotto il sedile lato passeggero puoi trovare una mela o un pomodoro
caduti dalla busta della spesa; la sua casa riflette la sua personalità, è
pulita ma regna il disordine.
La scorsa settimana mi chiede di
vederci con una certa urgenza, mi dice che ha bisogno di buoni consigli.
Appena ci incontriamo, nel parco
vicino alla sua casa, inizia a sfogarsi, e mentre parla il volto si distende un
po’, come se la sua sofferenza andasse via via svanendo:
“Non ce la faccio più con i miei
figli! Ho chiesto più volte la loro collaborazione per la gestione della casa.
Ho detto loro che li avrei pagati per il lavaggio dei piatti e se avessero
lasciato le stanze in ordine, ma non mi danno ascolto!
Vorrei mollare tutto, abbandonarli e costringerli ad essere autonomi, autosufficienti.”
Vorrei mollare tutto, abbandonarli e costringerli ad essere autonomi, autosufficienti.”
Cerco di consolarla con qualche
frase di circostanza, tipo “tutti i giovani sono un po’ sbadati, loro ti
vogliono bene ma sentono il bisogno di seguire il loro istinto, le cose in cui
credono, le passioni”.
Come se non avesse sentito quanto
ho appena detto continua nel suo discorso, si volge verso me e dice:
“Ho bisogno di allontanarmi da loro, devo ritrovare il mio equilibrio; penserei di lasciarli soli per un po’ di tempo, e in quel modo saranno costretti a imparare a stirare, a cucinare pranzo e cena, ad alzarsi in orario, a pulire la casa.
Nel frattempo conterei di
dedicarmi per qualche ora al giorno alla meditazione; mi serve un luogo silenzioso,
ordinato, pulito dove andare. Mi potresti affittare una stanza nella tua casa?”
“NON SE NE PARLA PROPRIO! Non
sono un affittacamere”, le rispondo prontamente “e come spiegherei la tua
presenza se, per un caso fortuito, una amica accettasse la mie avances per una
cenetta romantica al lume di candela?”
“E’ molto semplice, quando
arrivate noi le spieghiamo che sono solo una amica e io torno a meditare nella
mia stanza; se questo non ti basta stiliamo un contrattino che potrai mostrare prima di arrivare a casa, nel quale c’è scritto che la nostra
coabitazione non ha alcuno risvolto sentimentale, le clausole le puoi scegliere
tu”.
“NO, non penso che possa funzionare!”
“Allora, visto che per me sei un
caro amico, se mi telefoni mezz’ora prima di arrivare con la tua fiamma, io
faccio in modo di scomparire per qualche ora … come vedi ce la sto mettendo tutta
per venirti incontro e farti avere successo”.
Qualcosa non quadra, da come mi ha prospettato le cose sembra
che lei mi stia facendo un grande favore; dopo un attimo recupero la lucidità
e le dico:
“Perché non fuggi a casa di tua
madre, abita poco distante e potresti accamparti da lei facilmente”.
“No, lei non la reggo, vuole
sempre che metta in ordine ogni cosa! Che palle mia madre!”