Dai papà, guardiamoci Fantozzi
in TV!
A 12 anni ancora ti
interessano i film di Fantozzi? Non ne posso più! Ci siamo visti la saga di Guerre
Stellari, tutti gli episodi di “Scuola di Polizia”, i Simpson, un sacco di
cartoni di W. Disney.
Sfoglio il televideo alla
ricerca di ispirazione, anche stasera nulla da vedere, certamente non mi va di
seguire Bruno Vespa. Mollo il telecomando a mio figlio che, incurante della mia
sofferenza, si sintonizza su Canale5.
La poltrona mi abbraccia con
delicatezza, cominciano a scorrere le immagini iniziali e lascio che il cibo completi
il suo effetto soporifero.
Il mio livello di attenzione è
molto basso, mi dà fastidio il personaggio di Fantozzi, è troppo realistico e
purtroppo straordinariamente attuale; tanti miei colleghi si lamentano del loro
lavoro, di come vengono trattati, ma non si vogliono esporre, non fanno un’ora
di sciopero per rivendicare i loro diritti e venderebbero madri, mogli e figli
per essere apprezzati dai loro dirigenti.
Mi viene in mente Sirio,
un tipo sciatto, sbadato e sempre indebitato; ogni sabato si ostina ad invitare a cena nella sua casa in
campagna un dirigente in odore di mafia e gli altri vertici del progetto in cui
lavoriamo; il lunedì all’ora di pranzo ci ritroviamo a mensa con alcuni dei
partecipanti a quelle serate, loro ci raccontano ridendo delle virtù della sua giovane moglie e si soffermano a lungo nella descrizione della minigonna aderente, delle calze ricamate e delle trasparenze
della camicetta che indossava.
Ad un certo punto, dopo 10 o
15 minuti dall'inizio del film, Fantozzi si reca in ufficio, in terribile ritardo,
a bordo di una 500 versione sportiva ed entra in un piazzale tra due palazzi a
vetri per poi immettersi in una rampa che lo porterà al parcheggio sotterraneo.
“Papà hai visto in che bel
complesso lavora Fantozzi ?”
Nel risvegliarmi
parzialmente dal torpore in cui mi trovo gli dico: “Certo, una volta molte sedi lavorative
avevano il parcheggio sotterraneo, anch'io ...”
Il protagonista corre per
andare a timbrare il cartellino ... il luogo mi sembra familiare, alla fine mi
rendo conto che è girato in un edificio che conosco bene.
“Accidenti, quella è la sede
aziendale dove ho lavorato per anni (la chiamavamo TIBURTINO1), rivedo i
palazzi a vetri che venivano lavati inutilmente anche nei giorni di pioggia, i vasi
ornamentali con le piante all'ingresso dove il mio amico scansafatiche Antonio aveva
piantato i peperoncini DOC ... fammi telefonare a qualcuno dei miei ex colleghi
per fare due risate insieme”.
“Caro papà, mi dispiace per
te, ora capisco il tuo disagio nel frequentare quell’ambiente; adesso so per quale
motivo non mi hai mai fatto visitare il tuo ufficio, con quella gente in
circolazione!!
Ueee Pina, che mi potresti
sbucciare una mela mentre mi finisco di vedere il film??”
(apr. 2002)